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RITORNO AL FUTURO

Tra le varie iniziative realizzate dalla Scuola italiana Cani Salvataggio e dal suo presidente e fondatore Ferruccio Pilenga, insieme al suo inseparabile Terranova Mas ci preme sottolineare il corso di addestramento tenuto in Francia nell’estate ’95 sulle motovedette da salvataggio della Società Nazionale di Salvataggio in Mare a St. Cast le Guildò e a St. Malò.

Su invito dell’amico Thierry Robin, capitano della Gendarmeria (i nostri Carabinieri), istruttore subacqueo della stessa e comandante stagionale (patron) della motovedetta SNS 221, si è svolto un corso di una settimana per mostrare agli amici francesi le tecniche adoperate in Italia per utilizzare con efficacia i cani da salvataggio sulle motovedette.

Nei tre anni trascorsi dal primo corso istruttori in Francia (’92) insieme a Jean-Marc Durand, il progresso fatto dai cinofili della Scuola Italiana Cani da Salvataggio ha fatto tali e tanti passi da gigante da invertire completamente la situazione. Se prima si andava in Francia anche per imparare, ora si va soprattutto per insegnare. In Italia, grazie ai consigli operativi degli Ufficiali della Guardia Costiera, primo fra tutti il Capitano di Corvetta Corrado Gamberini, e degli Ufficiali Piloti del S.A.R. Soccorso Aereo dell’Aeronautica Militare, ad esempio il Maggiore Ruggero Leonetti, si è potuto ottimizzare le tecniche di addestramento, scartando ciò che non centrava minimamente, e progredendo su nuovi fronti e tipologie di intervento sempre più attinenti alla realtà dei salvataggi. Questo cambiamento di tendenza e questa progressione esponenziale, è soprattutto dovuto al fatto che si è potuto finalmente fare chiarezza su alcune situazioni “importate” in Italia da pseudo esperti cinofili. Per anni ed anni si era detto che la Francia era avanti a noi italiani anni luce, che in Francia i cani potevano andare in spiaggia liberamente, cosa che da noi non si poteva fare, visto che vigeva un divieto che nessuno avrebbe potuto mai far cambiare.

Si diceva che in Francia i cani da salvataggio erano riconosciuti ufficialmente, che esisteva un brevetto riconosciuto (da chi?) e addirittura si facevano venire in Italia (sic!) i giudici per fare i brevetti Francesi di… salvataggio: però non si poteva andare in spiaggia, quindi… quando Ferruccio e Mas andarono in Bretagna nel ‘92 per superare questo famoso primo brevetto (come disse poi in seguito Jean-Marc Durand… medaglie di cioccolato) scoprì che non era esattamente come raccontavano. Nella spiaggia della S.N.S.M. (stazione di salvataggio di Damgan) i cani non potevano accedere, anche col brevetto, se non nel giro delle prove. Per tutto il resto dell’anno lì, come altrove in moltissime spiagge, non potevano andare poiché i cani da salvataggio non erano riconosciuti!!!

Mafalda riporta con il salvagente un naufrago

Ma si domandò Pilenga, il Brevetto di salvataggio del Club Francese del Terranova, che brevetto era? La risposta la diede lo stesso Club. Le prove che essi organizzavano, il famoso Brevetto, era un brevetto sportivo!

E il famoso 4° grado, il brevetto di salvataggio si chiamava Brevet en mer, non aveva nessuna pretesa di abilitare chicchessia al salvataggio. Sia ben chiaro che i cani col 3° o col 4° grado, sono degli ottimi cani, se non di più, ma la prova fatta col mare calmo, senza nessuno o nulla che intralci l’esecuzione dell’esercizio, senza quasi nessuno che parli a riva, per non distrarre il cane che va a trenta - cinquanta metri da solo a portare per esempio un salvagente ad una persona che fa finta di annegare, è veramente ben altra cosa che un intervento di salvataggio fatto col mare mosso, una forte corrente, così come è ben altra cosa saper operare col cane da bordo di motovedette o persino con l’elicottero, dove il flusso rotore crea sull’acqua un vento e una nebulizzazione dell’acqua che ricrea in gran parte il mare in burrasca.

Tutto ciò rende chiaro quale possa essere stata la confusione generata in alcuni appassionati da tali erronee informazioni. Si è addirittura giunti a trascrivere quasi pedissequamente il brevetto francese in italiano chiamandolo prove per l’abilitazione dei cani di Terranova al salvataggio in acqua, per poi precipitevolmente cambiarlo due volte per adattarlo a un brevetto che potesse essere chiamato di salvataggio.

A tale confusione ha chiaramente posto rimedio la filosofia della Scuola Italiana Cani Salvataggio di Ferruccio Pilenga, che a più mani, insieme al C.C. Corrado Gamberini, comandante di una delle più grandi motovedette della Guardia Costiera e a Stefano Zambelli, esperto di elisoccorso, e al Maggiore Ruggero Lonetti del Soccorso Aereo, ha redatto un brevetto diviso in due livelli: Brevetto Spiaggia, che abilita l’unità cinofila a 500 metri da riva, e un vero brevetto operativo di salvataggio, che comprende lunga distanza, in TUTTI gli esercizi, tuffo da oltre due metri di altezza, capacità di operare dal bordo delle Vedette da salvataggio S.A.R. della Guardia Costiera per finire con l’abilitazione all’elisoccorso: tuffo da tre - cinque metri dall’elicottero in hovering, operazione di salvataggio, e successiva verricellata al termine del salvataggio.

 
Durante i corsi tenuti in Francia sulle motovedette SNSM le Unità Cinofile hanno sperimentato varie tecniche innovative (Elsa - Dakota)

La serietà di tale filosofia di preparazione è sfociata negli oltre 20 salvataggi fatti, negli oltre 14 presidi fissi sulle spiagge italiane e, non da ultimo nel riconoscimento, nel brevetto da parte del Ministero dei Trasporti e Navigazione di concerto con Maricogecap - Comando Generale Delle Capitanerie di Porto. Si annoverano ufficiali comandanti, unità navali e sottoufficiali sommozzatori della Guardia Costiera con cani che hanno superato un duro corso di addestramento e un duro brevetto per poter conseguire il brevetto di Unità Cinofila da Salvataggio.

A fronte di tutta questa mole di lavoro, che ha portato gli istruttori della Scuola a tenere il famoso corso sulle motovedette francesi, di cui parleremo dettagliatamente in seguito, dobbiamo sottolineare l’importanza di tale iniziativa, di cui si iniziava a sentire veramente l’esigenza.

Sino ad ora, purtroppo, gli interscambi di esperienze tra i cinofili amanti del lavoro in acqua con i cani di Terranova, erano praticamente lasciati all’iniziativa personale dei singoli, o ad un incontro internazionale di lavoro in acqua, che a sentire alcuni esperti, ha ormai fatto il suo tempo.

In tale incontro i vari gruppi che partecipavano, ormai da molti anni, semplicemente avevano trasformato tale appuntamento in una sterile esibizione senza quasi interscambio di esperienze. Infatti ogni gruppo che partecipava preparava nei mesi precedenti un’esibizione, modello spettacolino, che al più riusciva strappando gli applausi del pubblico. Mancava però in detto incontro una fase veramente formativa.

Mi spiegherò meglio. Se io vado col mio cane all’incontro internazionale a Venezia, e vedo Ferruccio Pilenga col suo Terranova Mas che si tuffa da un elicottero, oltre allo spettacolo non imparo nulla.

Necessita invece un incontro durante il quale io possa lavorare con Ferruccio Pilenga, in modo tale che lui oltre a mostrarmi cosa sa fare, mi mostri come c’è arrivato, quali sono state le difficoltà, come le ha superate, insomma un interscambio di espe-rienze, un Corso Internazionale, non una semplice esibizione.

In linea con questa innovativa idea si è tenuto infatti il corso per cani da salvataggio sulle motovedette della S.N.S.M. Il Terranova di Thierry Robin, era infatti autorizzato a bordo solo come mascotte della vedetta, non veniva infatti riconosciuto, come altrimenti accade in Italia, cane da salvataggio.
Durante la settimana di corso Ferruccio Pilenga insieme a Mas ed Elsa Bertini insieme a Dakota hanno mostrato all’amico francese e al suo Terranova Nausicaa come si possa sfruttare al meglio le potenzialità del cane nelle operazioni di salvataggio.

Ricordiamo che dette capacità sono quelle che hanno permesso alle Unità Cinofile della Scuola di essere inserite negli equipaggi S.A.R. delle motovedette della Guardia Costiera, dove nel caso di numerosi naufragi contemporaneamente in acqua o nel caso di bassi fondali dove le vedette difficilmente operano l’utilizzo dei cani diventa veramente utilissimo.

A bordo della Vedetta SNS221 si sono trascorse intere giornate di addestramento atte a verificare tutte le possibili potenzialità dei cani da salvataggio. Durante la settimana di corso si è anche provata un’uscita in mare con il Canot Tous Temps Pourquoi Pas? II di St. Malo.

Tale uscita in mare, grazie alla disponibilità del comandante Winter e del suo equipaggio, ha dato la possibilità a Ferruccio Pilenga di provare le nuove motovedette francesi di salvataggio ognitempo, nell’ottica di un confronto con i mezzi utilizzati in Italia dalla Guardia Costiera.

Non ci si stupisca se in Francia il salvataggio in mare è praticamente affidato ai volontari della Società Nazionale di Salvataggio in Mare quando invece in Italia è affidato ai Professionisti del Corpo delle Capitanerie di Porto. Succede infatti che ogni nazione, in base alle sue tradizioni, imposti le strutture del soccorso. Basti pensare che invece in Francia il soccorso in montagna è affidato alla Gendarmeria, i nostri Carabinieri, quando in Italia esso è affidato agli uomini del Corpo Nazionale Soccorso Alpino, che per legge è demandato a tale impegnativo compito.

Così come le diverse tradizioni e esperienze hanno invertito i compiti tra volontari e professionisti tra questi due paesi, risulta chiaro come il contributo dato in Italia dai professionisti del Salvataggio in mare agli istruttori della S.I.C.S. (Scuola Italiana Cani Salvataggio), fatto sì che siano ora le altre nazioni, Francia, Germania, Svizzera, Inghilterra, Giappone, Spagna, Brasile che iniziano ad interessarsi al lavoro fatto dai cinofili italiani nel campo del soccorso in acqua.

Un bellissimo tuffo di Alyssha dalla motovedetta della Guardia Costiera

L’approccio dato al problema addestramento è infatti completamente diverso da quello impostato dagli sportivi del Club Francese dove, se volessimo riassumere, la progressione di un cane è data prima dal riporto di un manicotto lanciato in acqua, poi di un manichino, poi di una persona presa al polso per finire con l’apporto di alcuni oggetti, cime, salvagente, remi.

Se ad un primo approccio tale strada può veramente convincere, ad un più approfondito esame degli esperti ha segnato subito il passo. A quanti metri vengono effettuate le prove? Con mare grosso? Quello che fa finta di annegare lo fa veramente e mette in difficoltà il cane, come avverrebbe in un salvataggio vero?

La risposta a queste domande può essere riassunta nella direttiva che obbliga il figurante, quello che fa finta di annegare, tanto per intenderci, di smettere di agitare le braccia e fare spruzzi, quando il cane arriva a uno due metri, altrimenti alcuni cani si spaventano e possono tornare a riva prima di aver fatto aggrappare il finto naufrago.

Se pensate che nella realtà funzioni così, allora che ne dite se vi diciamo di pensare che la persona in difficoltà si trovi a duecento, trecento metri dalla riva, che ci sia il mare mosso, un vento che nebulizza l’acqua, confusione sulla spiaggia, e voi siete lì col vostro cane? Cosa fate?, forse era meglio seguire un corso più difficile, dove vi hanno insegnato tutt’altre cose, dove per far allenare il cane nel nuoto non si debba stare sul gommone che va a motore, col cane che segue!

Ci stavamo infatti dimenticando di dirvi che alcuni hanno importato in Italia questa barbara, onestamente non saprei come altro definirla, pratica, tra l’altro inserita in alcune prove sportive (sic!), dove per vedere se il cane sa correttamente nuotare, non si è pensato ad altro che comprare un bel gommone a motore, farci salire il cane ed il padrone, andare a 100-200-300 metri dalla riva, far saltare in acqua il cane e farlo nuotare dietro il gommone. Personalmente Ferruccio Pilenga e gli istruttori della Scuola preferiscono per allenare il cane, mettersi la muta e le pinne, e andare a nuotare insieme.

Qualcuno per fortuna se ne sta accorgendo e inizia ad imitare la tecnica.

(In Francia, nel famoso brevetto di sal.. pardon, brevetto in mare i metri da fare dietro un battello pneumatico che va a motore sono 2000, o quarantacinque minuti. Alla richiesta perché non in acqua insieme, cane e padrone, il responsabile del lavoro in acqua del Club ha risposto: Se il conduttore non sa nuotare? come facciamo. Ha dimenticavamo, NON è un brevetto di salvataggio, anche se conosciamo esperti che lo chiamano ancora così, o che ancora meglio hanno cercato di trasformarlo in un qualche cosa di simile).

A conclusione del viaggio-corso in Francia ci si è chiaramente accorti che la strada intrapresa è quella giusta, che ancora c’è molto lavoro da fare, tra cui trasmettere questa filosofia di lavoro con i cani da salvataggio a tutti gli appassionati cinofili.

Parliamo, se avete notato, di cani da salvataggio e non di Terranova poiché pensiamo che anche in questo campo non si possa essere razzisti, e se vediamo un cane che non sia della razza eletta fare le stesse cose che fa un cane da salvataggio, non conta né il pedigree, né la genealogia, né null’altro: quello è un cane da salvataggio!

Vogliamo che questa Filosofia Cinofila, veramente amante dei cani, contagi, così come ha già fatto, un numero sempre maggiore di appassionati.

Alcune Unità Cinofile nell'esercitazione all'idroscalo di Milano 2002

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