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L’IMPIEGO DEI CANI DA SALVATAGGIO NAUTICO PER LA RESPIRAZIONE ARTIFICIALE IN ACQUA

(a cura del C.C. Corrado Gamberini, ufficiale della Guardia Costiera, comandante del CP 401)

Gli “addetti ai lavori” sanno quanto sia importante che un “annegato” possa mantenere il respiro o riprenderlo al più presto se questo è già cessato. Generalmente le cellule del corpo umano possono rimanere “senza ossigeno” per pochissimi minuti e ad alcuni tipi di cellule (ad esempio quelle cerebrali o dell’occhio) si producono danni irreversibili.

È per questo che ormai in tutto il mondo vengono diffusi e svolti gratuitamente corsi di primo soccorso e rianimazione cardiocircolatoria (corsi B.L.S.), non solo tra gli addetti al settore sanitario di emergenza ma anche tra le associazioni di volontariato, nelle scuole, nei circoli e gruppi sportivi, tra la cittadinanza.

Donatella con Mafalda mentre traina la barella con il naufrago

Purtroppo in molti casi di principi di annegamento il bagnino di salvataggio (anche se velocissimo nel nuoto) arriva in soccorso del malcapitato quando questo ha già cessato di respirare. E le tecniche di respirazione non possono essere eseguite fintanto che l’annegato non sia stato riportato a terra, quindi con un ulteriore ritardo d’intervento medico.

Per questo è stata sperimentata (per ora in esercitazione, per fortuna…) la respirazione artificiale in acqua, avvalendosi dei cani addestrati alla Scuola Cani da Salvataggio di Seriate (BG).

Per meglio comprendere i vantaggi della particolare tecnica, simuliamo per un attimo un intervento di salvataggio effettuato da un bagnino, con medie condizioni di mare ed afa estiva, confrontandolo poi con lo stesso intervento eseguito da una unità cinofila di salvataggio nautico, analizzando la cronologia delle operazioni e chiamando momento X l’attimo in cui l’annegato beve e cessa di respirare. 

Intervento con Bagnino 

·  momento X - 1 minuto: il bagnino si lancia in acqua, partendo da una spiaggia, in soccorso di un probabile annegato distante 100 metri dalla riva;

·  momento X: l’annegato beve, introduce acqua nei polmoni e cessa di respirare;

·  momento X + 1 minuto: il bagnino arriva sull’annegato ed inizia il trasporto in acqua verso la riva con il classico nuoto “trasversale” ;

·  momento X + 7 minuti: il bagnino raggiunge la riva (dopo 6 minuti di nuoto-trasporto) ed inizia le operazioni di rianimazione, anche se stanco e stremato da oltre 8 minuti di fatica.

Molto probabilmente non sarà sufficiente la sola respirazione artificiale, perché dopo 7 minuti di assenza di respirazione anche il cuore avrà cessato di battere e sarà necessario anche il massaggio cardiaco.

Dopo 7 minuti le possibilità di riportare in vita una persona sono veramente poche. 

Intervento con Unità Cinofila 

·  momento X - 1 minuto: l’unità cinofila si lancia in acqua, partendo da una spiaggia in soccorso di un probabile annegato distante 100 metri dalla riva;

·  momento X: l’annegato beve, introduce acqua nei polmoni e cessa di respirare;

·  momento X + 1 minuto: il conduttore arriva sull’annegato ed inizia il trasporto in acqua verso la riva con il classico nuoto “trasversale”, in attesa del cane;

·  momento X + 1,5 minuti: il cane raggiunge il conduttore che, infilato il braccio sinistro nell’imbragatura di trasporto ed agendo con la mano sinistra sul naso dell’annegato, inizia la respirazione artificiale usando la mano destra per afferrare il mento, mentre il cane trasporta entrambi verso la riva;

·  momento X + 5 minuti: l’unità cinofila raggiunge la riva e, se necessario, proseguono le operazioni di rianimazione con eventuale massaggio cardiaco.

Non stupisca il fatto che l’unità cinofila impieghi meno tempo del bagnino a trasportare conduttore ed annegato a riva: infatti, mentre un cane addestrato al salvataggio risulta più lento di una persona in nuoto a stile libero, è molto più potente, efficace e veloce nel nuoto-trasporto. 

In quest’ultimo intervento si deve evidenziare: 

1)   la respirazione artificiale inizia dopo appena 1 minuto e mezzo dalla cessazione del respiro naturale. Risulta, quindi molto probabile che il cuore batta ancora ed, in ogni caso, la mancanza di ossigenazione alle cellule è stata limitata nel tempo, con buone speranze di salvare il malcapitato.

2)   il conduttore inizia la respirazione artificiale ancora in piene energie, avendo nuotato per soli 2 minuti (anziché 7 minuti, nel caso del singolo bagnino).

3)   il conduttore deve pensare solamente al controllo dello stato fisico dell’annegato ed alla respirazione artificiale, disinteressandosi completamente del trasporto a cui provvede il cane.

 
La tecnica di respirazione artificiale in acqua è stata già sperimentata in esercitazione, con risultati molto soddisfacenti. È necessario però, apportare una piccola modifica all’imbragatura del cane, consistente nell’allungamento della maniglia di trasporto. Nelle prove eseguite è stata utilizzata la fascia addominale destinata al trasporto da elicottero (con verricello), inserendola nella maniglia in modo da allungarne la distanza di presa dal cane mentre, in condizioni di riposo, può essere ripiegata in avanti sulla maniglia stessa e fissata con del velcro a strappo, così da poter utilizzare la prolunga solamente in caso di necessità.

Inoltre assumendo la posizione di rianimazione descritta (con il gomito sinistro in alto), l’effetto dinamico sull’acqua consente al soccorritore una maggiore galleggiabilità che permette di sollevare agevolmente il viso dell’annegato.

Doppia presa al polso di Alyssha e Sara. In due si fatica meno

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