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ORDINI IN ACQUA  

Passiamo ora alla fase più interessante, quella specifica del lavoro in acqua. Vi sembrerà sciocco, ma non è detto che un Terranova alla vista dell’acqua ci si butti di sua iniziativa immediatamente. Bisogna anche in questo caso fare le cose con calma, gradatamente. Non gettate il cane nell’acqua. Rischiereste di farlo spaventare inutilmente. Entrate voi invece, invitandolo a seguirvi. Rimanete se possibile dove voi toccate, sarà per voi più facile aiutarlo a nuotare e lo seguirete più agilmente. Facendo ciò lo aiuterete a non aver paura. E gli farete capire che il nuoto è bello al vostro fianco. Altri cani, invece, alla vista del padrone in acqua iniziano ad abbaiare furiosamente, vogliono entrare a tutti i costi in acqua per andarlo a prendere e portare in salvo a riva. Questo è l’atavico istinto al salvataggio insito nel Terranova, ma non in tutti. Sarà un obiettivo del corso di addestramento capirlo. Insegnare a nuotare a quelli che hanno timore ad avventurarsi in quell’elemento liquido tanto strano. Dominare e malleare quelli che invece sono fin troppo irruenti. Anche un Terranova può annegare. Detto questo inizieranno due fasi dell’addestramento. La prima prevedrà l’affiatamento tra il padrone e il cane nell’elemento liquido. Si inizierà a far capire al cane che si può nuotare insieme, fianco a fianco, senza problemi.

Le considerazioni di Konrad Lorenz rendono, penso chiarissimo il concetto. Si otterrà così nel cane sicurezza, resistenza, comprensione di come ci si comporta in acqua con gli uomini che nuotano. Verranno allungati di volta in volta i percorsi, cercando di non andare sempre nello stesso posto. Si rischierebbe altrimenti che il cane si abitui alle acque di quel luogo, sentendosi “come un pesce fuor d’acqua” in altre località. È per questo che i nostri corsi si svolgono su vari laghi, fiumi, mari. Detto questo, addentriamoci nel discorso addestrativo. Portato il cane in spiaggia e messa l’imbragatura marina di sicurezza, eccoci pronti ai primi esercizi. Il nostro cane nuota con padronanza, non teme l’acqua. Anzi ha sviluppato l’istinto al salvataggio.

Egli desidera venirci a prendere. Inizia qui il nostro lavoro, che è forse più facile di quello che possa sembrare. Abbiamo bisogno di un conduttore e di un figurante. Il conduttore è quello che rimane sulla riva o sull’imbarcazione e gestisce l’invio del cane in soccorso e il suo ritorno. Il figurante è colui che necessita dell’aiuto del cane, perché è in difficoltà o stanco, perché per un malore rischia di annegare ed è in preda al panico, perché è caduto da un’imbarcazione ed è rimasto privo di sensi in acqua e ha bisogno di immediato aiuto. Per i primi esercizi consigliamo che sia il padrone del cane a fare il figurante. Così facendo si otterrà sicuramente maggiore partecipazione ed entusiasmo da parte del cane nell’affrontare l’esercizio di recupero. Il cane dovrà risolutamente dirigersi verso il figurante.

Bisognerà insegnargli a non andare addosso al pericolante, altrimenti rischierebbe di graffiarlo con le unghie delle zampe. Deve invece andare vicino a lui. Nel caso di  pericolante che si agita, facciamo le nostre osservazioni effettuate da istruttori della F.I.N. Riconoscendo l’innegabile fonte di pericolosità rappresentata dal pericolante che si dibatte ed è in procinto di annegare, riteniamo che questo nella realtà si afferrerebbe pericolosamente al cane in maniera da metterne in pericolo la sua stessa vita, impedendogli di nuotare liberamente.

Unità Pasquale Donatella - Alyssha durante il recupero di un naufrago. Il conduttore deve solo pensare all’infortunato mentre il cane si dirige al punto che reputa più vicino della riva

Ben conoscono questo pericolo gli Assistenti Bagnanti che infatti imparano vari sistemi di liberazione e presa. Vista l’impossibilità di insegnare ciò al cane, riteniamo che questo in prossimità di una persona in preda al panico ed in procinto di annegare, debba girargli davanti, vicinissimo, offrendo il dorso alla presa. Riteniamo inutili e controproducenti gli anelli galleggianti fissati all’imbragatura francese. Questi, oltre ad essere di dubbia efficacia, rendono praticamente impossibile utilizzare normalmente l’imbrago come se fosse un guinzaglio. Con detti attrezzi fissati, l’imbrago finirebbe per essere usato solamente durante gli esercizi. Non verrebbe mai utilizzato tutti i giorni al posto del guinzaglio e del collare, durante le passeggiate in prossimità di specchi d’acqua. Verrebbe in tal modo resa inefficace la prontezza e la sicurezza del sistema operativo di salvataggio, che prevede il cane con l’imbrago sempre indossato. Inoltre ben difficilmente una persona in procinto di annegare, come ben ci hanno consigliato vari istruttori di salvamento, Jean Marc Durand e gli americani del lavoro in acqua, si attaccherebbe a simili attrezzi. Il pericolante, in preda al panico, afferra la prima cosa che gli capita a tiro, la più grossa e la più facile da raggiungere.
Cioè il cane, non gli anelli. Quindi nell’addestramento dovremo insegnare al cane a discernere la persona svenuta immobile da quella agitata in preda al panico. Al lato pratico gli stessi cani istintivamente tendono a comportarsi così come i nostri esercizi prevedono. Vi garantiamo che ciò è più facile a farsi che a dirsi. Bisogna però avere la costanza di insistere decine e decine di volte nella sua realizzazione. Necessiterà variare i parametri di realizzazione dello stesso, cambiando i luoghi degli addestramenti, cambiando i figuranti, partendo a volte dalla riva, a volte dal battello di salvataggio. Bisognerà addestrarsi nelle giornate di pioggia, con vento forte, col sole basso all’orizzonte che infastidisce con i riverberi i soccorritori. Solo così facendo si potrà avere la sicurezza dell’efficacia degli interventi dell’unità cinofila. Un altro aspetto che bisognerà tenere presente negli addestramenti, è il soccorso portato dal cane ad una imbarcazione in difficoltà. Il cane portando con sé una cima favorirà il rimorchio dell’imbarcazione o il suo atterraggio. L’equipaggio di detta imbarcazione potrà issare facilmente il cane a bordo grazie alla maniglia di sollevamento presente nell’imbragatura marina di salvataggio da lui indossata. Si eviterà in tal modo che i movimenti dell’imbarcazione possano ferire il cane. Questi, soprattutto con mare mosso, possono essere veramente pericolosi. Bisognerà quindi addestrare il cane a non andare troppo sotto il bordo dell’imbarcazione, fermandosi a breve distanza, possibilmente sottovento. Sarà anche compito del conduttore del cane favorire ciò con ordini adeguati e manovre opportune. Spero che a questo punto sia chiaro che la difficoltà del salvataggio non è nell’apprendimento dell’esercizio.
È invece insita nella costanza con cui devono proseguire gli allenamenti. Sono le condizioni dell’acqua, della corrente, delle onde, delle spiagge, degli scogli, della risacca, del giorno e della notte a cambiare. È su queste che dobbiamo lavorare. Con altri tipi di brevetti, a nostro avviso, si rischia di passare tutto il tempo a disposizione ad insegnare al cane esercizi che poco hanno a che vedere con il salvataggio vero e proprio. Alla fine si avrà un cane capace di eseguire tanti esercizi, ma solamente in determinate condizioni acqua-tempo. Dobbiamo invece avere la certezza di poter operare con condizioni “ognitempo”.

L’uso della cima galleggiante può essere di enorme aiuto in molti tipi di salvataggio   (Ottavio - Sara)

Unità Cinofila Zambelli Stefano - Skipper

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